Quante volte alla settimana fare Yoga?

Quante volte alla settimana sarebbe meglio fare Yoga?

Questa è una delle domande che ricevo più spesso dai nuovi praticanti, soprattutto quando, entusiasti dopo le prime lezioni, vorrebbero raggiungere un certo livello di costanza fin da subito.

Ebbene, lo Yoga può essere fatto tutte le volte che vuoi e che il tuo corpo consente. Tuttavia, i principianti dovrebbero iniziare lentamente e aumentare pian piano la frequenza delle pratiche, come in ogni altra disciplina. 

Ogni persona ha però i propri tempi di recupero e ciò che lo Yoga insegna fin da subito è l’ascolto del corpo: non forzarti quando senti il corpo stanco, ma non essere troppo indulgente con la tua pigrizia. Osserva dunque ciò che mente e fisico vogliono comunicarti e diventa abile nell’affinare fin dal principio l’arte dell’ascolto.

La frequenza con cui praticare Yoga dipende quindi dall’esperienza ed è per questo che la pazienza e la costanza dovrebbero essere presenti da subito, così come una routine prestabilita. Ciò significa, in sostanza, di mettere in conto due sessioni di Yoga a settimana per iniziare, poi idealmente tre. Questo assicurerà al tuo corpo di abituarsi gradualmente agli allungamenti, alla costruzione dell’equilibrio e della forza, al respiro e, più in generale, agli asana.

Lo ripeto ancora una volta: inizia con poche pratiche alla settimana e aumenta pian piano, lasciando al tuo corpo il tempo di abituarsi. Perché sì: anche lo Yoga può causare infortuni! Le lesioni da sforzo ripetuto sono infatti molto frequenti, così come gli stiramenti e altri vari dolori muscoloscheletrici. 

Il problema è dunque lo Yoga in sé? Ovviamente no! Il problema è, ancora una volta, il non ascolto, unito alla non conoscenza del proprio corpo. 

È per questo che il mio approccio tiene conto non solo della parte più pratica di questa disciplina, ma anche dell’anatomia e della biomeccanica, fondamentali sin dalle prime pratiche, per poter godere davvero di tutti i benefici dello Yoga e, addirittura, per trasformarlo in un importante strumento curativo.

E dunque, riprendendo la domanda iniziale: quante volte dovrei praticare Yoga all’inizio?

Un riassunto:

Non poche, non troppe. La chiave è trovare il tuo equilibrio, in base al tuo corpo, ai tuoi impegni di vita e al tuo benessere psico-fisico. Inizia con 2 volte a settimana e poi aumenta gradualmente 

È consigliato impegnarsi a praticare regolarmente, con costanza, per permettere al corpo di abituarsi e prendere confidenza con gli asana.

La cosa fondamentale fin da subito è porsi in ascolto del proprio corpo: solo lui potrà dirci come e quanto osare e in quale ordine eventualmente rallentare.

Guida per principianti allo Yoga Anatomy II

Dopo aver approfondito la parte prettamente anatomica del nostro corpo, identificando le articolazioni e i muscoli più spesso citati nello Yoga, ora ci addentriamo nel mondo del movimento.

Assi e piani anatomici del corpo umano (o piani di movimento)

Ci sono tre principali piani anatomici cardinali in cui avvengono i movimenti del corpo. Si tratta di una metodologia nata per codificarli e descriverli in maniera oggettiva.

PIANO SAGITTALE

Questo piano verticale attraversa il centro del corpo, dividendo la metà sinistra da quella destra. Il termine sagittale deriva dalla parola latina sagitta che significa freccia, quindi potrebbe essere utile avere in mente questa immagine: un arciere che alza un braccio in alto e indietro per estrarre una freccia dalla faretra, poi ritira il braccio per posizionare la freccia e infine la scocca in avanti.  Ecco, tutte queste azioni avvengono sul piano sagittale, così come la maggior parte dei movimenti del Saluto al Sole (Surya Namaskara).

PIANO FRONTALE

Questo piano verticale divide la parte anteriore da quella posteriore del corpo. Per identificare i movimenti che lo coinvolgono, pensa alla ruota che facevamo da bambini o a quando sventoliamo le braccia per farci notare da un’amica lontano da noi: ecco, lì ci stiamo muovendo sul piano frontale!

PIANO TRASVERSALE

Immagina un piano orizzontale (proprio come fosse il piano di un tavolo), che divide la metà superiore del corpo da quella inferiore. Le torsioni avvengono sul piano trasversale.

Movimenti

Flessione ed estensione

Avvengono sul piano sagittale. In maniera generica: quando avvicini due ossa l’una all’altra parliamo di flessione (pensa alle anche durante i piegamenti in avanti), mentre quando le allontani, di estensione (pensa sempre alle anche, ma durante il ponte).

Quando le articolazioni possono muoversi sia in avanti che indietro -come il collo, la colonna vertebrale, le spalle- si parla di flessione se il movimento è in avanti ed estensione se il movimento è all’indietro.

Adduzione e abduzione

Avvengono sul piano frontale. Adduzione è il movimento che porta un arto più vicino alla linea mediana del corpo (leggi: più vicina al corpo), mentre abduzione è il movimento che lo allontana.

Rotazione interna e rotazione esterna

Sentirai il termine “rotazione” spesso e volentieri in relazione ai movimenti delle anche. Quindi tieni presente che: la rotazione interna porta la parte anteriore delle cosce verso il centro (un esempio è Supta Virasana); la rotazione esterna invece la allontana, come nella posizione del loto o in Baddha Konasana.  È importantissimo che questi movimenti provengano dalle anche e non dalle ginocchia.

Un esempio di rotazione di spalle e braccia è invece Adho mukha svanasana (il famoso cane a testa in giù): qui vediamo una rotazione esterna dell’articolazione della spalla e una rotazione interna dell’articolazione gomito. In Gomukhasana invece abbiamo un braccio in rotazione esterna (quello in alto) e l’altro in rotazione interna (dietro alla schiena).

Guida per principianti allo Yoga Anatomy I

Quando si inizia a praticare Yoga, si entra in un nuovo mondo, fatto anche di nomi e terminologie che spesso rendono il nuovo Yogin spaesato: “Mi hanno detto di extraruotare l’articolazione X… Cosa vorrà mai dire?”, “Devo appoggiare gli ischi, ma non so che cosa siano!”.

Voglio tranquillizzarti: non è necessario conoscere i nomi di tutti i muscoli e le ossa del corpo, per praticare Yoga. Ma una cosa è certa: avere familiarità con alcuni termini di base, può sicuramente aiutarti nell’approcciare gli asana nel modo più corretto. 

Quindi, se non possiedi un background di studi anatomici, questa breve guida divisa in due episodi è un buon punto di partenza!

Colonna vertebrale

La colonna vertebrale è composta da quattro sezioni: 

  • cervicale: il collo
  • toracica: che corrisponde alla parte superiore della schiena + le coste
  • lombare: corrispondente alla parte bassa della schiena
  • sacrale: formata dal sacro + il coccige.

È bene tener presente che la curva cervicale e quella lombare sono concave (lordotiche), mentre la curva toracica e quella sacrale sono convesse (cifotiche).

Bacino e articolazione sacroiliaca

Il bacino è costituito dal sacro, dal coccige e dalle ossa dell’anca. Queste ultime sono 3 per lato (ileo, ischio e pube) e disposte simmetricamente.

Il sacro è costituito da cinque vertebre, che formano il famoso osso di forma triangolare alla base della colonna vertebrale. L’ileo si unisce a ciascun lato del sacro tramite le articolazioni sacroiliache. 

Potresti sentir parlare dell’articolazione sacroiliaca durante le lezioni di Yoga, perché è un’area molto delicata, soprattutto per le donne, ma anche perché è molto importante per l’equilibrio e la stabilizzazione delle posizioni.

Le ossa dell’ischio si trovano nella parte inferiore e posteriore del bacino. Le percepisci quando ti siedi: sono quelle protuberanze ossee proprio all’altezza del sedere.

Ossa delle anche e delle gambe

Le tre ossa dell’anca formano una struttura concava a forma di coppa, chiamata acetabolo. Qui è dove la testa del femore (la parte “sferica”) si inserisce nel bacino, creando proprio l’articolazione dell’anca

Il femore si allunga fino all’articolazione del ginocchio, dove incontra la rotula e le ossa della parte inferiore della gamba: la tibia e il perone.

La forma e la posizione dell’acetabolo variano da persona a persona, così come l’angolo della testa del femore. Questo è particolarmente importante nello Yoga, perché la struttura dell’articolazione renderà più o meno agevoli (e in alcuni casi sconsigliabili) alcune posizioni.

Articolazione della spalla

L’articolazione della spalla è costituita da scapola, clavicola e omero. L’omero scende fino all’articolazione del gomito, unendosi alle due ossa dell’avambraccio: il raggio e l’ulna.

Come per le anche, anche la struttura di partenza di questa articolazione giocherà un ruolo fondamentale nella praticabilità o meno di alcune posture.